Con la recente sentenza n. 39441/21 pubblicata il 13.12.2021, la Corte di Cassazione ha affrontato l’argomento della iscrizione di ipoteca su beni di valore eccedente il credito, affermando un principio di diritto difforme rispetto ai precedenti orientamenti.
Con un articolato e motivato processo logico-giuridico, la Corte è giunta ad affermare un ulteriore profilo di responsabilità in capo al creditore che, utilizzando strumenti processuali, abbia arrecato danno al debitore.
È il caso del danno da perdita di chance subita dal debitore che si sia venuto a trovare in situazioni di discredito sociale e professionale con il blocco del suo patrimonio e della sua attività in conseguenza dell’uso distorto – id est, dell’abuso – che il creditore effettua del suo diritto di garanzia.
Ciò avviene quando il creditore, in violazione dei principi di proporzionalità e di adeguatezza in relazione all’interesse specifico della garanzia, ecceda nell’uso degli strumenti a lui riconosciuti dall’ordinamento determinando una fattispecie di danno derivante dal fatto che il patrimonio sottoposto a garanzia del suo credito ecceda i limiti dello stesso interesse creditorio.
La Suprema Corte, con la decisione in parola, ha così affermato che “non può affermarsi che al di fuori dell’ipotesi del credito inesistente il creditore non risponda in ipotesi di ipoteca iscritta su una quantità di beni di valore esorbitante il credito”, per cui “deve negarsi che la previsione della speciale responsabilità ex art. 96 c.p.c. escluda la possibilità di un concorso – in quanto compatibile – con la disciplina generale dell’illecito civile ex art. 2043 c.c.”
Non sono consentiti, quindi, al creditore “atti a tutela di un diritto sostanziale inesistente (art. 96, c. 2, c.p.c.) né, trattandosi di diritto esistente, il mantenimento di un comportamento non improntato alla prudenza e alla diligenza dovute al caso concreto (art. 96, c. 1, c.p.c.), nonché contrario a buona fede o correttezza (art. 1175 c.c.)”.
Pertanto, la condotta che il creditore deve tenere nel rispetto dei principi di cui innanzi, alla luce dell’arresto della Suprema Corte deve essere mantenuta non solo per l’ipotesi di ricorso a rimedi processuali, ma anche e soprattutto per la precedente attività di esercizio dei suoi diritti contrattuali o sostanziali “essendo il titolare di diritti, poteri e facoltà tenuto a esercitarli senza abusarne”.
La Corte di legittimità, quindi, ha esaminato la condotta del creditore nella fase anteriore al processo statuendo il principio di diritto che, laddove violato, potrebbe portare alla possibilità per il debitore di fare ricorso, oltre alle tutele già riconosciute dai precedenti orientamenti, anche al rimedio di carattere generale ex art. 2043 c.c.
È stato così statuito che: “al di là della previsione del rimedio speciale della riduzione delle ipoteche, in applicazione dei principi generali il creditore il quale iscriva ipoteca giudiziale su beni il cui valore sia eccedente (a fortiori se sproporzionato) rispetto all’importo del credito vantato, può essere chiamato, ferma restando l’eventuale responsabilità processuale ex articolo 96 cpc, a rispondere ex articolo 2043 cc del danno subito dal debitore consistente nella difficoltà o impossibilità della negoziazione del bene medesimo ovvero nella difficoltà di accesso al credito, non potendo dirsi al creditore attribuito il potere di iscrivere ipoteca sui beni del debitore senza alcun limite di continenza o proporzionalità della cautela”.
Danilo Aita