Con due recentissime sentenze, di identico contenuto seppure riferite a procedure e ricorrenti differenti (patrocinati entrambi dall’avv. Piergiuseppe Di Nola), la prima sezione civile della Corte di Cassazione (Consigliere Estensore Dott. Massimo Ferro – Presidente Dott.ssa Magda Cristiano) interviene sul tema della liquidazione del compenso in favore del commissario giudiziale di un concordato preventivo in caso di anticipata chiusura della procedura.
Le sentenze in parola sono la n. 20762 del 20.7.2021 e la n. 20948 del 21.7.2021 che alleghiamo (link 1 – link 2).
La questione è senz’altro di interesse per i professionisti che operano nel settore, perché riferita a fattispecie tutt’altro che infrequente.
La fattispecie
I professionisti designati quali commissari giudiziali impugnano, dinanzi alla Suprema Corte ex art. 111 Cost., i decreti del Tribunale con cui era stata dichiarata l’improcedibilità della loro istanza di liquidazione del compenso per l’attività da essi svolta quali commissari giudiziali di procedure di concordato preventivo estintesi per rinuncia alla domanda, l’una, e a seguito della mancata approvazione dei creditori, l’altra. Il Tribunale (nella specie quello di Napoli Nord), uniformandosi a precedenti orientamenti, con la decisione impugnata aveva ritenuto che, chiusesi le procedure concordatarie, sulle medesime doveva ritenersi venuto meno ogni potere decisorio del tribunale stesso; anche quello concernente la liquidazione dei suoi ausiliari. Alle chiusure delle procedure concordatarie non erano seguite dichiarazioni di fallimento in assenza di relative istanze, per cui le debitrici erano tornate in bonis. Il che, ovviamente, impediva ai professionisti di presentare istanza di ammissione al passivo. Unico alternativo rimedio sarebbe rimasto il ricorso al giudice ordinario.
Le questioni di interesse affrontate dalla Corte di Cassazione
Due le questioni di maggiore interesse affrontate dagli ermellini con le pronunzie in argomento:
- la possibilità di ricorrere in Cassazione ex art. 111 Cost. avverso il sopra citato decreto del Tribunale;
- l’ultrattività di taluni poteri del Tribunale dopo la chiusura delle procedure di concordato.
2.1 Sulla possibilità di ricorrere in Cassazione ex art. 111 Cost. avverso il decreto di improcedibilità del Tribunale
Sull’argomento, la Suprema Corte non ha avuto alcuna incertezza nel confermare l’ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost. per la questione che ne occupa.
I giudici della Corte hanno così evidenziato che la decisione in ordine alle liquidazioni dei compensi dei commissari giudiziali “non richiama il sistema su cui è imperniata la ben diversa pronuncia di cessazione del concordato preventivo, quale provvedimento cd. negativo, né investe un mero atto interno alla stessa e di portata ordinatoria”, ma incide su diritti soggettivi dei professionisti che hanno svolto tali incarichi. Inoltre, non essendo prevista altra possibilità di gravame rispetto alle decisioni assunte al riguardo (in ragione del combinato disposto degli artt. 165 e 39 l.fall.), non è revocabile in dubbio il diritto ad adire, ai sensi dell’art. 111 della Costituzione, la Suprema Corte.
2.2 Sull’ultrattività di taluni poteri del Tribunale dopo la chiusura delle procedure di concordato.
Quanto poi alla “centrale” questione del potere del Tribunale, dinnanzi al quale si sono svolte procedure di concordato preventivo, di liquidare i compensi ai commissari giudiziali dopo la chiusura delle procedure stesse, con le sentenze in disamina, la prima sezione civile della Corte di Cassazione si è così espressa:
“risulta così più persuasiva la tesi, cui il Collegio intende dare continuità, con le integrazioni argomentative ora esposte, per cui la liquidazione del compenso, che deve avvenire al termine della procedura, implica che, a seguito della chiusura – per qualsiasi causa – del concordato, il tribunale che ne era investito rimane parzialmente competente («per la regolazione del concorso», secondo la formula di Cass.15789/2021), dovendosi intendere la formale decadenza quale mera dismissione delle attività più direttamente tutorie rispetto all’impresa (ai sensi degli artt.167 – 168 l.f.), mentre proprio nelle attività di controllo e nella conseguente esplicazione valutativa continua ad estrinsecarsi il potere di provvedere alla liquidazione del compenso dovuto al commissario giudiziale, una volta che tutte le sue attività si siano concluse”.
Ora, come ben rappresentato nelle sentenze in parola, le fattispecie su cui la Corte si è pronunziata riguardavano concordati anticipatamente chiusi cui non era seguita la dichiarazione di fallimento; circostanze in cui, quindi, “non soccorreva” il diverso, opposto, precedente arresto della Corte di legittimità (Cass. 16269/2016) “la cui portata in senso stretto non può essere estesa oltre il caso deciso, che infatti riguardava un concordato revocato, seguito da procedura fallimentare”.
Tuttavia, le sentenze n. 20762 del 20.7.2021 e n. 20948 del 21.7.2021 sembrano lasciare spazio all’ipotesi che la “circoscritta e ben delimitata ultrattività delle prerogative concorsuali dello stesso tribunale già investito del concordato” possa riguardare non solo il caso della chiusura del concordato non seguito dal fallimento (come detto quello, nello specifico, scrutinato dalla Corte); ma anche quello della revoca della procedura concordataria con contestuale dichiarazione di fallimento dell’impresa debitrice.
A ben vedere, infatti, è indubbio che il Tribunale direttamente officiato della procedura di concordato abbia maggior “specialità valutativa dell’operato dell’ausiliario” finanche del giudice delegato al successivo fallimento. Inoltre, sarebbe proprio lo stesso Tribunale (magari in composizione diversa, ma comunque la medesima istituzione) a doversi pronunciare in caso di opposizione ex art. 98 l.fall. al decreto di rigetto (anche solo parziale) della domanda di ammissione al passivo che allo stesso giudice delegato dovesse essere rivolta dal professionista per l’attività di commissario giudiziale.
D’altra parte, in altre circostanze (ad esempio Cass. n.12396/98 e Cass. n.7547/18), seppure con riferimento a fattispecie totalmente differenti (i.e. la domanda giudiziale di trasferimento dell’immobile ex art. 2932 c.c.), la Suprema Corte ha già riconosciuto l’opponibilità al fallimento di talune decisioni assunte anche successivamente alla sentenza dichiarativa di un fallimento in ordine a domande formulate e trascritte anteriormente alla medesima sentenza.
Considerazioni, queste, che inducono a ritenere che una eventuale decisione in merito alla liquidazione delle competenze del commissario giudiziale assunta dal Tribunale innanzi al quale si è svolta la procedura di concordato preventivo, possa legittimamente considerarsi opponibile al successivo fallimento. Ciò anche se la stessa decisione venga emessa dopo sentenza dichiarativa del medesimo fallimento e, quindi, in costanza della procedura fallimentare. Tanto, a maggior ragione, laddove l’istanza di liquidazione sia stata proposta prima del deposito della sentenza dichiarativa di fallimento.
Danilo Aita
Francesco Palmieri